venerdì 20 maggio 2011

Da Cechov alla Galchina, il filo grigio della malinconia.



Milena Galchina, giovane fotografa bulgara, ritrae paesaggi e scene quotidiane bloccando l'attimo, congelando il momento significante. Nelle sue immagini prende forma la lezione di Cechov sulla concretezza della narrazione e sul senso tragico delle piccole cose.

Da un punto di vista formale è curioso come il bianco e nero, predominante nella produzione della Galchina e così vibrante e espressivo, sia trattato con una ricchissima palette di colori, cioè una gamma infinita di grigi, mentre i soggetti a colori presentino una scala più limitata, come per un bisogno di monocromatismo, di misura.
I soggetti sono spesso paesaggi, scene naturali, piccoli animali; la presenza umana in questi boschi e panorami innevati è costante ma secondaria, si tratta di piccole figure senza volto e spesso in cammino.

Anche quando affronta il ritratto sono rari i piani ravvicinati; per la Galchina sfondo, contesto di vita e soggetto sembrano godere di pari attenzione. Uomo e ambiente sono sullo stesso piano, in assenza di movimento, di calore, di felicità.  Proprio come negli scritti di Cechov la scena è rappresentata nella sua oggettività, senza la sovrapposizione di elementi propri della visione etica, filosofica o spirituale dell’autore. Chi osserva deve essere libero di trarre le proprie conclusioni.

E l'effetto d'insieme, come nella migliore tradizione letteraria ed artistica russa in generale, è di soffusa malinconia. Potrete vedere il portfolio di Milena Galchina a questo link.


Milena Galchina

Nessun commento:

Posta un commento