sabato 31 marzo 2012
Le città deserte di Lucie e Simon
Entrambi fotografi autodidatti, la francese Lucie ed il tedesco Simon costituiscono dal 2009 una coppia artistica estremamente interessante.
I loro scatti, che sembrano costantemente orientati ad indagare solitudine e incomunicabilità, vengono poi montati in "diaporama", ovvero audioslideshow, il cui effetto malinconico pare amplifcato dalla musica di sottofondo.
Persino alcuni fotogrammi di "Scenes de vie", premiato al HSBC Award per la Fotografia nel 2010, che ritraggono una giovane coppia con il proprio neonato, soggetti gioiosi per definizione, esprimono isolamento e introspezione.
Tutte le loro foto sono bellissime, impeccabili, e intelligenti attivatori di riflessione.
Con la loro ultima produzione "Silent world", che ha a sua volta ottenuto prestigiosi premi e consensi, e che raccoglie alcuni anni di scatti in giro per il mondo di città completamente deserte o popolate da piccole figure solitarie, Lucie e Simon mettono in scena con oppressiva eloquenza la metafora della solitudine umana. In questa luminosa serie da "day after" i paesaggi urbani noti acquisiscono una nuova inquietante dimensione.
Silent world from Lucie & Simon on Vimeo.
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giovedì 29 marzo 2012
Dalla Creapole di Parigi la storia di una amicizia breve
"Calvaire Fruité" è un nuovo cortometraggio realizzato da Ghayth Cheegar, Eddy Loukil e Victor Jardel della scuola di cinema, animazione e giochi video Creapôle di Parigi. La breve storia ci presenta due personaggi diametralmente opposti: Bold, immenso e maldestro, emarginato per il suo aspetto minaccioso ma in realtà di animo sensibile, e il piccolo e timoroso clochard Dirt. Il loro occasionle incontro durante una comune ricerca di cibo sembra destinato, dopo un primo momento di terrore da parte del piccoletto che crede Bold un malvivente, a una bella amicizia. Ma i tre autori ci sorprendono con un finale imprevedibile. Ironico e molto ben illustrato il recentissino filmato è il risultato di una bella sinergia tra i tre promettenti videomakers.
CALVAIRE FRUITE from Ghayth, Eddy, Victor on Vimeo.
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martedì 27 marzo 2012
Renato Marcialis con Caravaggio in cucina
Renato Marcialis è andato a bottega in uno studio fotografico milanese a 15 anni. Da oltre trent'anni è specializzato in fotografia gastronomica. Renato dice che forse ha ereditato questa passione per il cibo dal nonno paterno di professione "chef de cusine", ma a differenza del nonno che preparava le pietanze per per la gola commensali, lui le fotografa per farle assaporare con gli occhi.
In questo post vi presentiamo in apertura due scatti tratti dal suo sito Caravaggio in cucina (questo il link), dove Renato Marcialis racconta: "Il salto di qualità è avvenuto quasi per caso, come per la maggior parte delle scoperte, è successo che un giorno mentre mi apprestavo a fotografare delle castagne per conto di un mio cliente, non avendo la premura che solitamente tutti chiedono, provai a mettere in pratica per questo lavoro, una tecnica che si usava in un passato remoto. Si tratta di illuminare il soggetto con una fonte di luce assai potente ma concentrata. Pennellate di luce. (…) Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in posti specifici per far sì che i modelli venissero illuminati solo in parte, mediante la "luce radente". Attraverso questo artificio, Caravaggio evidenzia le parti della scena che più ritiene interessanti lasciando il resto del corpo nel buio dell'ambiente.
Essendo un fotografo specializzato nel settore enogastronomico e con l'ironia che spesso mi sovrasta, il titolo di questa nuova avventura l'ho voluta chiamare Caravaggio in cucina."
In chiusura vi segnaliamo il sito del suo studio fotografico (questo il link) segnalandovi anche la sua coraggiosa scelta professionale che dal 1992 lo ha portato a tralasciare tutti i clienti no food, scelta premiata indubbiamente oggi da un grande successo. Di seguito due scatti dal suo sito aziendale.
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sabato 24 marzo 2012
Luca Latini fotografa la musica
Luca Latini e vive a Treviso. La passione per la fotografia è iniziata molto tempo fa, quando ancor ragazzo, immortalava i suoi viaggi con una compatta.
Leggendo la sua biografia abbiamo dedotto che due sono stati gli eventi che, artisticamente parlando, gli hanno cambiato la vita: il passaggio all'utilizzo delle reflex e, nel 1988, l'acquisto del il doppio vinile “The best of The Doors” e dell’album “Seventh son of a seventh son” degli Iron Maiden.
Da quel momento Luca si è messo a ricercare nuove sonorità, cantanti e musicisti meno noti al grande pubblico. Da qualche tempo Luca Latini è riuscito ad unire le sue due più grandi passioni: ha iniziato a scattare istantanee durante i concerti.
Questo connubbio ha generato risultati, a nostro giudizio, straordinari. Gli applausi e la musica si possono chiaramente percepire girovagando tra i suoi scatti. Vi invitiamo a visitare gli spazi web di Luca a questi link: 500px, Flickr.
Gli appassionati di musica poi non possono perdersi il blog che Luca recentemente ha aperto nel quale unisce i suoi scatti alle recensioni dei concerti (questo il link).
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giovedì 22 marzo 2012
Frammenti di vita di Giacomo Pepe
Dal sito di Giacomo Pepe (questo il link) abbiamo scelto di proporvi tre scatti nella sezione SHORT STORIES e due scatti dalla raccolta "Maja in corriera" nella sezione REPORTAGE.
Per Giacomo lo scatto è una passione e la fotografia il mezzo per fermare istanti di vita che per un momento si compongono in geometrie e combinazioni cromatiche davanti al suo obiettivo.
Abbiamo sorriso leggendo questa frase che apre la sezione PENSIERI sul suo sito: "Non sono un fotografo professionista. Per lavoro faccio l'ingegnere e mi occupo di restauro di monumenti. Però mi piace fotografare, molto." Giacomo scrive "Però" che starebbe un po' come scrivere "Nonostante io sia un ingegnere" notoriamente occupazione che richiede rigore, precisione e calcoli accurati "amo fotografare" attività notoriamente creativa e, nel caso di Giacomo che nello scatto ricerca l'immediatezza, in balia del caso.
Bene. Non ci è dato, ovviamente, sapere quanto Giacomo Pepe sia abile come ingegnere: sicuramente come fotografo dimostra una sensibilità non comune e guardare le sue fotografie è davvero un piacere.
Citiamo in chiusura anche la sua ricerca STATUARIA (che potrete trovare a questo link) che Giacomo presenta con queste parole: "Un sentire immobile, un’identità congelata. Nel pietrificarsi, il sangue smette di scorrere, la palpebra di sbattere. È un esercizio in bilico tra realtà e finzione, vita e ipotesi di immortalità. Un desiderio. Una sfida, forse."
Grazie Giacomo per averci segnalato il tuo lavoro attraverso la nostra pagina Facebook, è stato un piacere incontrarti. Speriamo davvero che ci racconterai altri "frammenti di vita" sia segnalandoci nuovi inserimenti sul tuo sito sia partecipando al nostro contest "L'attesa".
Per Giacomo lo scatto è una passione e la fotografia il mezzo per fermare istanti di vita che per un momento si compongono in geometrie e combinazioni cromatiche davanti al suo obiettivo.
Abbiamo sorriso leggendo questa frase che apre la sezione PENSIERI sul suo sito: "Non sono un fotografo professionista. Per lavoro faccio l'ingegnere e mi occupo di restauro di monumenti. Però mi piace fotografare, molto." Giacomo scrive "Però" che starebbe un po' come scrivere "Nonostante io sia un ingegnere" notoriamente occupazione che richiede rigore, precisione e calcoli accurati "amo fotografare" attività notoriamente creativa e, nel caso di Giacomo che nello scatto ricerca l'immediatezza, in balia del caso.
Bene. Non ci è dato, ovviamente, sapere quanto Giacomo Pepe sia abile come ingegnere: sicuramente come fotografo dimostra una sensibilità non comune e guardare le sue fotografie è davvero un piacere.
Citiamo in chiusura anche la sua ricerca STATUARIA (che potrete trovare a questo link) che Giacomo presenta con queste parole: "Un sentire immobile, un’identità congelata. Nel pietrificarsi, il sangue smette di scorrere, la palpebra di sbattere. È un esercizio in bilico tra realtà e finzione, vita e ipotesi di immortalità. Un desiderio. Una sfida, forse."
Grazie Giacomo per averci segnalato il tuo lavoro attraverso la nostra pagina Facebook, è stato un piacere incontrarti. Speriamo davvero che ci racconterai altri "frammenti di vita" sia segnalandoci nuovi inserimenti sul tuo sito sia partecipando al nostro contest "L'attesa".
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Un casting sfortunato per il tenero ballerino di Lachal
Mathias Lachal è il secondo classificato all'edizione 2011 del Festival di animazione di Annecy con Toonsday, in cui un curioso personaggio "gommoso" e impacciato partecipa, con scarso successo, al casting per ottenere la parte di un ballerino messicano, lanciandosi nella seconda prova in una interpretazione acrobatica e surreale. In bianco e nero, con un tratto grafico semplice ed espressivo Lachal, diplomato in cortometraggio alla Emile Cohl di Lyon, rappresenta con ironia un tenero sconfitto. Lo stile è essenziale, privo di ogni artifico di produzione; un cartoon "di matita" che sembra provenire da altri tempi e, forse per questo, originale e gradevole .
Toonsday from Mathias Lachal on Vimeo.
martedì 20 marzo 2012
Quayola e Memo raccontano in "Form" la dinamica sportiva
FORM è l'opera digitale composta da una serie di animazioni astratte realizzata dagli artisti Quayola (pseudonimo artistico dell'italiano Davide Quagliola) e Akten Memo con il supporto tecnico produttivo di Nexus Interactive Arts.
Con essa il National Media Museum ha voluto celebrare i giochi olimpici che si terranno a Londra nel 2012. Per realizzarla gli artisti si sono avvalsi di filmati di archivio che riprendono i movimenti degli atleti di varie discipline. Il video costituisce l'apertura della mostra "In the Blink of an Eye: Media and Movement" primo evento del vastissimo programma culturale olimpico. L'installazione prevede un corredo di modalità multimediali che consentono al visitatore di esplorare i singoli livelli che compongono ogni segmento.
Legato al crescente movimento artistico della sperimentazione elettronica audiovisiva l'italiano Quayola collabora con musicisti e video artisti di area inglese ben noti a livello internazionale (da D-Fuse a Uva, da Flat-e ad Addictive Tv, dal Lovebytes a OneDotZero).
Il suo lavoro è caratterizzato da un notevole rigore formale a livello grafico e video e da uno spirito visionario che anima tutti i suoi lavori, da Bitscapes e Cityscan, fino ai recenti Architectural Density e Path to Abstraction.
Memo Akten è un visual artist di origine turca, regista, musicista e ingegnere che opera nella "zona di intersezione" tra arte e tecnologia. Sviluppatore di tecnologie innovative, dice di essere attratto dall'esplorazione dei processi per visualizzare l'invisibile, individuando ed amplificando le relazioni tra immagini, spazio, movimento, suono e tempo.
FORM costituisce la loro prima collaborazione artistica.
Forms (Excerpt) from Nexus Productions on Vimeo.
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domenica 18 marzo 2012
I'm not there
Pol Úbeda Hervàs esprime con le foto della serie "I'm not there" la sua personale crisi di identità che racconta con queste parole:
"Come possiamo accettare il mio cambiamento?
Come possiamo accettare di vederci in una situazione in cui non ci possiamo riconoscere?
Io non sto reagendo ora allo stesso modo in cui ho reagito in altre situazioni.
Mi stupisco, non mi riconosco più. Queste foto esprimono questa mia sensazione.
Ho lasciato la mia ombra ma ho cancellato il mio corpo perché ancora io non so chi sono. Però non ho cancellato le scarpe, per essere certo di essere qualcosa di più di una semplice ombra."
L'ombra è oggetto di molte interpretazioni, fiumi di inchiostro e di bit si sono spesi trattando questo argomento. Anche noi, tempo fa, avevamo cercato di dare una breve panoramica dell'argomento in questo post.
Oggi vi presentiamo il lavoro di Pol Úbeda Hervàs (questo il suo link in Flickr) che rappresenta in questi scatti il suo disagio utilizzando con perizia questo tema inesauribile e sempre affascinante.
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venerdì 16 marzo 2012
Quentin Arnaud e la forma del ritratto
Da Wikipedia: "Il ritratto è una rappresentazione di una persona secondo le sue reali fattezze."
Si possono definire "ritratti" gli scatti che Quentin Arnaud ha raccolto nella sua serie "Shape"?
No di certo, almeno secondo la definizione che abbiamo riportato, in quanto le "reali fattezze" sono inghiottite da un'ombra scura come l'inchiostro o, se prefieriamo, sono accennate da spruzzi di luce.
Quentin ha infatti intitolato la serie "Shape" che significa "forma": in queste fotografie rappresenta la forma di un ritratto, i volumi essenziali. Tutto il resto è nascosto. Ignoto.
A ben pensarci... però... sono ritratti che rappresentano quello che il più delle volte ci è dato conoscere delle persone che ci circondano: solo i contorni, solo qualche dettaglio.
Comunque la si veda, la sua serie ci è molto piaciuta e vi invitiamo a gustarvela a questo link.
Su Quentin Arnaud invece non abbiamo trovato molte notizie se non che abita a Toulouse in Francia e fa il fotografo questi i suoi link: Facebook, Tumblr, Behance network.
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mercoledì 14 marzo 2012
Andrea Morando mette gli amici sottovuoto
Andrea Morando ci ha scritto segnalandoci il suo progetto che molto volentieri condividiamo: è un work in progress che vede la solitudine, il disagio, i limiti imposti dall'attuale società come protagonisti, ma con ironia. La serie "Sottovuoti" vuole rappresentare con la leggerezza tipica dell'ironia tutte queste sensazioni. I modelli sono stati volutamente lasciati liberi di dare una loro interpretazione, tramite le pose, all'idea di essere chiusi dentro un barattolo.
Tutto è nato, racconta Andrea, pensando alla copertina di un disco. Il senso che esprimeva era quello di disagio e distacco da certi atteggiamenti della società contemporanea; l’idea, in seguito abbandonata, è stata ripresa qualche anno dopo, durante una lezione su come fotografare il vetro.
Per Andrea Morando, artista fotografo genovese, è stato sufficiente chiamare qualche amico e incontrarsi un giorno in sala posa per creare una interazione fotografo-modello: ne è nata la rappresentazione di scene di vita in un barattolo.
Andrea racconta: “Ogni persona ha un rapporto diverso con i vincoli imposti dalla società: come si vede nelle immagini c’è chi prova a scappare, ma anche chi accetta la situazione, così come addirittura c’è chi, in questa costrizione, ha trovato una propria dimensione e ci sta volentieri”.
Ma l’ironia è il cuore di tutto: senza, l'insieme avrebbe una connotazione cupa, lontana dall’idea di Morando. Questo il link per visualizzare il progetto "Sottovuoti" e questo il link alla sua pagina Facebook: complimenti Andrea e tienici aggiornati sugli sviluppi!
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lunedì 12 marzo 2012
Erika e la nebbia
Un po' di sole, una raggera d'angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d'aria al mattino.
Salvatore Quasimodo (Acque e terre)
La nebbia ammorbidisce la realtà, avvicina l'orizzonte, smorza i colori. La nebbia è un filtro fotografico naturale, è l'effetto flou della natura. Abbiamo già parlato della nebbia in due precenti post, in uno abbiamo presentato la ricerca di Cristiano Vassalli, in un altro invece abbiamo presentato i suggerimenti fotografici della comunità di fotografi Cambridge in colour.
Oggi desideriamo presentarvi la ricerca di Erika Babuin (qui il link alla sua pagina Facebook) o Erikaeyes come si firma su Flickr (questo il link alle sue raccolte), nostra amica di Facebook, che ci ha concesso il permesso di utilizzare le sue foto in questo post. Erika ama la nebbia e si vede, vi si immerge e la respira. I suoi scatti sono emozionanti e ci toccano come una carezza: le sue nebbie non fanno paura, sono magiche e incantano. Complimenti e chiediamo ad Erika di tenerci aggiornati sulle sue mostre, segnalandoci le iniziative a cui partecipa.
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sabato 10 marzo 2012
è la conoscenza il fenomeno più sorprendente dell'universo
Neil deGrasse Tyson è un astrofisico newyorkese direttore di diversi dipartimenti di ricerca. E' molto noto in tuttti gli Stati Uniti per le sue frequenti apparizioni in trasmissioni televisive dedicate alla scienza; deGrasse ha infatti un notevole talento nella divulgazione scientifica, usa un linguaggio comprensibile e trasmettte il suo sapere con entusiasmo e simpatia.
Ad un lettore di Time che gli chiedeva quale fosse a suo parere il fenomeno più sorprendente dell'Universo ha risposto con una appassionata narrazione corredata da straordinarie immagini, raccolte nel video appena pubblicato che vi mostriamo.
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giovedì 8 marzo 2012
Luca Rossato non è conforme
Il suo nome non l'ho capito, me l'ha ripetuto tre volte e non lo
capivo.
e' in Italia da un anno, parla poco la nostra lingua, vive, perlomeno cerca di farlo, vendendo fiori alle coppie nei ristoranti del centro. Ha avuto un incidente col motorino e ha il braccio al collo senza sensibiltà alla mano. Arriva dal Bangladesh, dove ha lasciato la famiglia e adesso abita a Gallarate, ha un regolare permesso di soggiorno.
e' in Italia da un anno, parla poco la nostra lingua, vive, perlomeno cerca di farlo, vendendo fiori alle coppie nei ristoranti del centro. Ha avuto un incidente col motorino e ha il braccio al collo senza sensibiltà alla mano. Arriva dal Bangladesh, dove ha lasciato la famiglia e adesso abita a Gallarate, ha un regolare permesso di soggiorno.
Cosa vuol dire essere “NON CONFORMI?”
Chi è NON CONFORME?
Spesso essere NON CONFORMI vuol dire
essere sopra le righe, magari essere un personaggio dello spettacolo, ma
vuol dire essere NON CONFORMI anche se si è una persona “normale”, la
nostra non conformità può essere vista come un atteggiamento scomodo o
un modo di porsi diversamente da come ci vedono gli altri. Ultimo
aspetto è sicuramente il fatto di essere giudicati non conformi perchè
non apparteniamo a questa società, perchè abbiamo un colore della pelle
diverso, perchè facciamo lavori poco dignitosi.
Questo è il mio progetto, perchè alla fine siamo tutti “NON CONFORMI”, tutti ci sentiamo un po speciali...
Questo il link al set completo, vi invitamo anche a visitare il suo sito a questo link.
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martedì 6 marzo 2012
Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza
Stanno arrivando le prime narrazioni fotografiche per il nostro contest L'attesa. Naturalmente non vogliamo anticiparvi nulla ma le fotografie e le parole che le accompagnano cominciano a delinare quanto questo tema sia sfaccettato, affascinante, trasversale.
Ci siamo messi un po' a curiosare in rete inserendo la parola "attesa" in google.
Una delle frasi che ci ha colpito è quella riportata nel titolo di questo post:
"Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza."
Caspita. Fa pensare questa frase di Antonio Bello, meglio conosciuto come don Tonino Bello (1935 – 1993), vescovo cattolico e scrittore italiano. Attesa come speranza, lui la vedeva così. Un'altra sua frase recita: "Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza."
Un punto di vista di un uomo di fede, un filosofo e uno scrittore. Poi siamo andati su Flickr e qui ci hanno accolto un sacco di immagini. Tra quelle accompagnate da parole oggi ve ne presentiamo due: la prima è lo scatto di Andrea Tiberini che ha associato ad una strofa tratta dalla canzone del grande Giorgio Gaber "L'attesa"
L’attesa è una suspense elementare
è un antico idioma che non sai decifrare
è un’irrequietezza misteriosa e anonima
è una curiosità dell’anima.
è un antico idioma che non sai decifrare
è un’irrequietezza misteriosa e anonima
è una curiosità dell’anima.
La seconda è di Gianfranco Liccardo che sceglie alcune parole di Valeria Parrella tratte dal suo primo romanzo Lo spazio bianco, ambientato in una Napoli lontana dai cliché dove Maria, insegnante di
italiano in una scuola serale, diventa madre di Irene, una bimba nata
prematura. Maria dovrà percorrere insieme ad Irene lo spazio bianco, i
tre mesi cioè in cui la bambina rimarrà nell'incubatrice del reparto
prematuri in attesa di sapere se riuscirà a crescere fino ad acquisire
la capacità di respirare da sola.
Non sono buona ad aspettare. Aspettare senza sapere è stata la più
grande incapacità della mia vita. Nell’attesa ho avuto lo spazio per
costruire enormi impalcature di significato, e dieci minuti dopo farle
crollare, per mia stessa mano. Poi riprendere da un punto qualunque,
correggere il tiro di qualche centimetro per rendere la costruzione
immaginata più solida. Vederla crollare di nuovo. Ho speso svariati
fine settimana della mia vita in quest’opera, e pur riconoscendola,
non ho mai saputo distrarmi. Ho sentito la tragedia dell’attesa
arrivare da lontano, da una telefonata, da un viaggio, da una mail, da
una notte di sesso, da un ospedale. Ho scelto dal mio arsenale di
dischi la musica che incalzasse l’angoscia, quella per stemperarla,
poi più che pinagere: per sfinimento mi addormentavo. Nell’attesa ho
sempre fatto sogni chiari, di epoche che non ho dovuto conoscere nè
attraversare, il sogno è stato il tempo speso meglio, e una volta
sveglia il dolore era decuplicato. Io non so aspettare e non voglio
farlo, nell’attesa i mostri prendono forma e si ingigantiscono,
mangiano le ore per crescere e mangiarmi. Non sento curiosità nel
dubbio, nè fascino nella speranza, fossi stata Eracle, non mi sarei
fermata al bivio.
(da Lo spazio bianco, di Valeria Parrella)
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domenica 4 marzo 2012
Arte a chilometro zero: una grande occasione per giovani artisti
La residenza Arte a Km0 (a questo link troverete tutte le informazioni) si focalizza sul rapporto con un territorio ben definito, i boschi dell’alto vergante ed i laghi. Il paesaggio e la storia della zona caratterizzano questa residenza in modo definitivo. Gli input creativi germoglieranno dalla memoria del territorio e dal rapporto con la natura ed i giovani del posto. Si tratta di una residenza formativa il cui scopo è innescare un confronto artistico e dialettico fra i giovani. I destinatari sono giovani ancora non inseriti nel mondo dell’arte che hanno bisogno di pensare al proprio lavoro ed al futuro in modo condiviso e aperto.
Un'occasione davvero da non perdere, le iscrizioni sono aperte fino al 20 maggio 2012; la residenza artistica sarà dall' 1 al 22 luglio 2012 a Invorio, fra il Lago Maggiore ed il Lago D’Orta a 65 km da Milano, in una cascina situata fra i boschi; i tutors saranno Elizabeth Aro, Silvia Levenson, Guido Anderloni, Natalia Saurin.
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giovedì 1 marzo 2012
12.000 silhouettes colorate per raccontare una canzone
Ci sono volute dodicimila silhouettes di carta, un bel team di illustratori e creativi e la pazienza certosina del regista Erez Horoviz per trasporre in un video la canzone di Josh Ritter "Love Is Making Its Way Back Home”, in cui il cantautore statunitense racconta il suo viaggio notturno e solitario verso la città ed il ritorno a casa, (che sembra appunto l'aspetto da lui più apprezzato).
E poi un accurato storyboard, le prove di animazione al computer, le conversioni per trasformare ogni fotogramma in un processo di taglio che desse origine a una reale silhouette su carta colorata (per ogni singola azione, per ogni piccolo movimento).
Un pò come avveniva per i vecchi cartoni animati la stratificazione dei vari passaggi ha dato vita alla storia. Le immagini sono state trattate in After Effects per perfezionare le prospettive, ed il computer è stato indispensabile per la programmazione delle varie fasi del progetto, ma a parte questo nessun "trucco" in post produzione Il video che vedete ha una struttura "fisica" una vera animazione di fotogrammi. costituiti dalla successione fotografica dei 12000 soggetti ritagliati.
Alcune fotografie realizzate durante la lavorazione mostrano la complessità del progetto.
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